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Editorial NRIdiomas pelo mundoItaliano

★Insegnare e imparare con i task

La parola “compito” in italiano è sicuramente molto connotata e fa venire subito in mente una situazione di classe in cui si valutano le competenze degli studenti in una determinata materia o un determinato tema. Non che questo non sia successo anche in altre lingue. Basti pensare a “task” in inglese” o “tarea” in spagnolo, che rimandano, rispettivamente, all’idea di “task” intesa come attività e “compiti a casa”.

L’approccio orientato all’azione propone il concetto di “task” o “compito” come unità essenziale di programmazione e insegnamento (Richards & Rodgers, 2001). Il Quadro Comune Europeo di Riferimento per le lingue fa una descrizione ben precisa del compito: “Il compito è un’azione finalizzata che l’individuo considera nell’ambito di un problema da risolvere, un impegno da adempiere o un obiettivo da raggiungere. Questa definizione può comprendere un’ampia gamma di azioni quali spostare un armadio, scrivere un libro, ottenere certe condizioni nella negoziazione di un contratto, giocare a carte, ordinare un pasto al ristorante, tradurre un testo in lingua straniera o lavorare in gruppo per preparare un giornale di classe” (QCER, 2002: 12-13).

Qualche pagina dopo, nel secondo capitolo del QCER, si può leggere: “La comunicazione e l’apprendimento implicano l’esecuzione di compiti che non sono esclusivamente linguistici, anche se implicano attività linguistiche e mettono in gioco la competenza comunicativa dell’individuo. Questi compiti, quando non costituiscono una routine e non sono eseguiti in modo automatico, richiedono l’impiego di strategie di comunicazione e di ricorre ad attività linguistiche, è necessario un trattamento dei testi, orali o scritti (basato su ricezione, produzione, interazione o mediazione)” (QCER, 2002: 19)

In queste poche righe sono riassunti i punti chiave dell’insegnamento di una lingua attraverso i compiti, ed è su queste basi che sono stati pensati i compiti comunicativi intermedi e i compiti comunicativi finali del manuale Al dente (A1-B2). Queste attività, infatti, non possono essere eseguite in modo automatico e richiedono sempre la partecipazione attiva dei discenti, che devono interagire e negoziare con i compagni in modo da raggiungere l’obiettivo prefissato. Gli studenti entrano in classe come persone che hanno interessi e competenze linguistiche, non solo nella loro L1 ma anche in altre lingue straniere, ed extralinguistiche, che devono eseguire il compito che gli è stato assegnato. Prendiamo come esempio uno dei compiti di Al dente 1 (A1). Nell’unità 7 del livello A1 gli studenti devono preparare una presentazione per promuovere un quartiere o una città (Figura 1). I discenti dovranno innanzitutto scegliere a gruppi il quartiere o la città da presentare, e per farlo ognuno di loro dovrà descrivere un quartiere o città, dare ragioni per difendere e far prevalere la sua proposta una presentazione ed esporla al resto della classe. In questo compito lo studente deve ovviamente attivare le competenze linguistiche e i contenuti che sono oggetto di studio – saper descrivere una città, localizzare nello spazio, conoscere le espressioni di luogo e il ci locativo, ecc. – che gli consentiranno di descrivere e promuovere il quartiere o la città selezionati, ma questi non sono sufficienti. L’apprendente infatti deve possedere e mettere in moto anche varie competenze extralinguistiche, come per esempio la conoscenza di quartieri e città, la capacità di reperire informazioni in rete e l’uso di PowerPoint o Prezi per preparare la presentazione.

Compito finale, unità 7. Al dente A1.

Nell’insegnamento che si basa sui task o compiti si promuovono attività di input e output, entrambi necessari per l’apprendimento della lingua. Com’è noto, infatti, Krashen (1985) ha insistito a lungo sul fatto che l’input comprensibile è l’unica condizione (e sufficiente) affinché ci sia acquisizione, ma Swain (1985) ha dimostrato che è anche necessario creare opportunità in classe affinché gli studenti possano utilizzare la lingua in modo produttivo.

I task consentono di creare sequenze di attività di input e di output in cui gli studenti si misurano sia in attività di ricezione che di produzione, perseguendo un obiettivo chiaro rappresentato dal compito in sé. Questa meta finale fa aumentare la motivazione degli studenti e ne potenzia l’apprendimento anche, e soprattutto, perché i task richiedono l’uso di un linguaggio autentico, ossia di contenuti linguistici non determinati a priori, ma realmente necessari per portare a termine il compito finale. Se prendiamo l’esempio descritto anteriormente, vediamo che per poter eseguire il compito gli studenti devono essere in grado di leggere un dépliant o un sito web per ottenere informazioni su un quartiere o su una città, ed essere poi capaci di rielaborale nella presentazione scritta (la scaletta del PowerPoint) e nella presentazione orale. La motivazione deriva anche dal fatto che sono gli studenti ad essere al centro della sequenza delle attività, a sceglierne modalità e contenuti a partire dai loro gusti e dalle loro preferenze.

Tenendo presente che l’approccio orientato all’azione considera l’aula come uno spazio sociale in cui le persone si ritrovano con l’obiettivo comune di imparare qualcosa insieme, l’interazione ha un ruolo preponderante nelle programmazioni che seguono questo approccio (Cambra, 2003; Kramsch, 1984). Ciononostante, questo non significa che non si dia importanza alla consapevolezza linguistica e metalinguistica (Bange, 1992; Gombert, 1996; Ellis, 2003). Ci sono dei momenti in cui l’attenzione dello studente si rivolge al significato e altre volte in cui, invece, si concentra sulla forma (Long, 1997), e sono previste attività in cui si accompagnano gli studenti alla scoperta della lingua e del suo funzionamento senza però perdere di vista l’uso che si fa di una certa struttura.

Nella sequenza didattica di Al dente si troveranno infatti innanzitutto attività in cui prevale il significato, ma dove si attira l’attenzione del discente sulla forma (non solo grammaticale, ma anche lessicale) che dovrà imparare. Per farlo si ricorre a strumenti quali l’inondazione linguistica e l’input potenziato (Ellis, 2003), che prevedono che la struttura o il lessico oggetto di studio siano presenti in modo abbondante nel testo (inondazione linguistica) o siano messi in risalto con sottolineature o neretti (input potenziato; Figura 2).

Figura 2. Input potenziato – Al dente A1, unità 1

Seguono poi delle attività interattive che stimolano la riflessione sulla lingua (Figura 3) e che portano lo studente a dedurre, ad esempio, la regola grammaticale oggetto di studio. Questa regola verrà quindi usata in un’attività di pratica guidata, che ha l’obiettivo di aiutare il discente a utilizzare e memorizzare la struttura, e infine in una pratica libera, ossia nel compito intermedio e nel compito finale.

Figura 3. Attività di riflessione metalinguistica – Al dente A1, unità 1

Ma come mettere insieme tutti questi elementi in una sola sequenza di attività?

  • primo passo è sicuramente quello di pensare la lingua in modo diverso, non più come un insieme di regole grammaticali, ma come un’entità che ci permette di fare cose.
  • secondo passo è porsi domande diverse. Bisogna pensare innanzitutto a quale compito comunicativo finale si vuole che gli studenti eseguano e a partire da questa consapevolezza definire i contenuti grammaticali, lessicali, fonetici, sociolinguistici, pragmatici e culturali necessari per eseguire quel compito. Tali contenuti vengono poi distribuiti in quattro fasi: la presentazione dei contenuti, la preparazione per la realizzazione del compito, l’esecuzione del compito e infine il post-compito. (Figura 4)
Figura 4. Fasi dell’unità didattica

In queste fasi sono previste alcune attività focalizzate soprattutto sul significato, altre maggiormente incentrate sulla forma, e momenti di valutazione del processo di apprendimento, tanto alla fine della sequenza sia durante il suo svolgimento, nei compiti intermedi (QCER, 2002).

The Author

Marilisa Birello è insegnante di italiano lingua straniera presso il Centro linguistico dell’Università di Barcellona e di Didattica delle lingue presso la Facoltà di Scienze dell’Educazione dell’Università Autonoma di Barcellona. È formatrice di insegnanti di italiano e di catalano come lingue straniere e autrice di numerosi articoli e materiali didattici. È coautrice dei manuali Bravissimo e Al dente.

BIBLIOGRAFIA

  • Bange, P. (1992). A propos de la communication et de l’apprentissage de L2 (notamment dans ses formes institutionneles). AILE, 1, 53-85
  • Birello, M., Bonafaccia, S., Petri, A., Vilagrasa, A. (2017). Al dente 1. Corso d’italiano. Barcellona: Casa delle Lingue Edizioni
  • Cambra Giné, M. (2003). Une approche ethnographique de la classe de langue, Paris: LAL Langues et apprentissage des langues Didier
  • Ellis, R. (2003). Task-Based Language Learning and Teaching. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Gombert, J-É. (1996).Activités métalinguistiques et adquisition d’une langue. AILE, 8, 41-55.
  • Kramsch (1984). Interaction et discours dans la classe de langue. Paris: Hatier-Crédif.
  • Krashen, S. (1985). The Input Hypothesis: Issues and Implications. London: Longman.
  • Consiglio d’Europa (2002). Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue: apprendimento, insegnamento, valutazione. Milano: La Nuova Italia-Oxford.
  • Long, M. (1997). Focus on form in task-based teaching. McGraw Hill. Consultato novembre 2019: https://woucentral.weebly.com/uploads/7/4/6/9/7469707/long_1997_intro_focus_on_form.pdf
  • Richards, J. C. & Rodgers, T. S. (2001). Approaches and Methds in Language Teaching. Cambridge: Cambridge University Press.
  • Swain, M. (1985). A critical approach at the communicative approache. English Language Teaching Journal, 1, 39, 2-12.

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